- TITOLO: Mune – il guardiano della Luna (Mune – le gardien de la Lune)
- DATA DI USCITA: 2015
- REGIA: Benoît Philippon e Alexandre Heboyan
- SCENEGGIATURA: Jérôme Fansten E Benoît Philippon
Il titolo dell’articolo, volutamente provocatorio, vuole essere un pretesto per introdurre un discorso che va oltre i bordi di quelle che sono le mie considerazioni verso questo film, gioiello dell’animazione degli ultimi anni, in mezzo al mare di prodotti Disney che, seppur impeccabili tecnicamente e validi(sarei uno stupido a considerare film come Big Hero 6 dei cattivi lavori), presentano dei patterns che iniziano ad essere per me noiosi, simbolo di come ci si adagi su alcuni schemi che risultano fruttuosi per le tasche dei produttori. D’altronde “squadra che vince non si cambia“, vero Disney?
I due vecchi guardiani del sole e della luna scelgono i loro successori: per il sole viene eletto il borioso Sohone, per la luna Mune, un giovane e imbranato fauno, ma dal cuore puro. La prima notte in cui Mune fa il guardiano, però, combina un guaio e dà la possibilità al guardiano delle tenebre, con l’aiuto dei suoi diavoletti Mox e Spleen, di rubare il sole. Mune e Sohone si alleano per partire alla ricerca dell’astro perduto, e con loro c’è la bella e fragile Glin, fatta di cera, in pericolo al caldo come al freddo. In loro aiuto interverrà anche uno dei vecchissimi guardiani della luna, Fosforo.
Già dalla prima riga di questa breve trama viene fuori una tematica tipicamente “Miyazakiana”(passatemi il termine) e praticamente assente nei film di una casa di produzione americana fino al midollo: l’importanza della Natura. L’importanza dell’alternanza del giorno e della notte e dell’essenzialità del Sole quanto della Luna(sottolineo che la dicotomia non è tra Bianco e Nero, in quanto entrambi gli astri emanano luce, dettaglio da non sottovalutare), simboli di temi ben più ampi(quali l’uguaglianza, il rispetto per il diverso, per dirne qualcuno.)
Il film scivola leggermente su alcuni tratti della sceneggiatura che ci presentano situazioni semplicistiche, quali la storia d’amore tra i due protagonisti(banali per il soggetto trattato che poteva dare molto di più in potenza, ma comunque sviluppati meglio di molti altri prodotti di cui ho parlato) e alcuni dialoghi abbastanza telefonati e con struttura molto comune(basti pensare a quanti spunti avrebbe potuto dare il personaggio di Glin, in pericolo al caldo quanto al freddo).
Sta di fatto che il concetto stesso che sta alla sua base lo eleva di molto sulla piazza dei film d’animazione, con una lettura superficiale che lascia, al bambino quanto all’adulto, spunti di riflessione per quella che è l’uguaglianza, la convivenza degli opposti, l’importanza di alcuni processi vitali degli uomini e della natura che non devono essere sottovalutati e che, ad una lettura più attenta fa venire alla luce una storia carica di simboli che richiedono più di una visione per essere colti pienamente.
I personaggi sono per molti versi stereotipati, ma si distinguono per le azioni che compiono nelle situazioni in cui vengono inseriti, per la crescita facilmente intuibile che però è necessaria per esporre concetti che conferiscono al film una linfa di cui tutti dovrebbero cibarsi.
“Mune – il guardiano della Luna” è fiabesco, onirico, volutamente caricaturale, e trasmette molte emozioni che però non vengono sparate in bocca allo spettatore con un Ak-47, che non si sente in dovere di recepire. E’ un film che richiede attenzione, che “offre” delle emozioni, le quali saranno prese e assimilate dai fruitori, grandi o piccoli che siano, attraverso una concreta riflessione su ciò che Benoît Philippon e Alexandre Heboyan hanno voluto chiaramente suscitare, attraverso un prodotto non perfetto, ma che nella sua imperfezione si pone nella scena cinematografica come concorrente(e si spera anche sostituta) ad un cinema targato Disney che sta imbrigliando in meccanismi anti-artistici registi e sceneggiatori dalle grosse potenzialità.
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