[TRA CINEMA E PITTURA] "Alien": Ridley Scott incontra Francis Bacon.

Eccomi con un nuovo capitolo di “Tra Cinema e Pittura“, la rubrica in cui metterò a paragone ed analizzerò scene, frames, sequenze di film con opere pittoriche alle quali i registi si sono ispirati per le loro pellicole.
Il film che prenderò in esame è “Alien, del 1979, scritto da Dan O’Bannon e diretto da Ridley Scott.

Oggi si parla del capostipite del genere horror-fantascientifico, di una pellicola che ha “dato vita” a tantissime altre nel corso degli anni. Icona del film ovviamente è la forma di vita aliena che tormenta i personaggi, uccisi uno dopo l’altro da questo famelico essere riprodotto nel corpo di uno degli elementi della squadra in ritorno dalla missione.

Ridley Scott ha saputo mettere insieme un’atmosfera fantascientifica con una componente horror che tiene lo spettatore in costante tensione, in una nave spaziale che non ha nulla a che vedere con la più anziana parente “kubrickiana”, che risulta qui estremamente barocca, umida, chiusa, buia, angusta, che suscita in chi guarda una incredibile sensazione di claustrofobia.

Anno 2037: l’equipaggio del veicolo commerciale da traino, il Nostromo, viene risvegliato dal sonno criogenico dal computer centrale di bordo, ‘Mother’. Il personale di volo è composto da cinque uomini più due donne e una mascotte, un gatto di nome Jones. Il capitano dell’astronave è Dallas (T. Skerritt), il suo vice è Kane (J. Hurt), l’ufficiale scientifico si chiama Ash (I. Holm) e i tecnici di bordo sono Parker e Brett. Completano il quadro il terzo ufficiale Ripley (S. Weaver) e la navigatrice Lambert. L’ibernazione è stata interrotta da Mother perché quest’ultima ha captato un segnale di soccorso proveniente da un pianeta nella vicinanze. La priorità dei membri del Nostromo è adesso quella di andare sull’astro e verificare se si tratti davvero di una richiesta di aiuto. Una volta atterrati, Dallas, Lambert e Kane si avvicinano sempre più alla frequenza del segnale, fino a raggiungere una navicella aliena precipitata da tempo e semi-distrutta. I tre astronauti si inoltrano per parecchi metri fin quando Kane non trova delle uova enormi e ‘vive’. La creatura all’interno di una di queste uova salta improvvisamente dritta nel volto di Kane che deve essere quindi portato d’urgenza nell’astronave: creatura sconosciuta a bordo, si rivelerà essere un grave errore.

 
Francis Bacon, irlandese, nato nel 1909, è stata indubbiamente la principale fonte di ispirazione per Hans Ruedi Giger, primo designer della creatura antagonista del film di Scott, nel quale progetto ha avuto una forte valenza.
Indubbiamente l’analogia visiva è quella che principalmente salta all’occhio, con un’anatomia conferita al mostro che riprende palesemente le forme di Bacon, che ha sempre avuto particolare interesse nell’unione di corpi umani ed animali. L’alieno infatti assume una posizione eretta e presenta arti umani, con le sue ovvie deformazioni. Inoltre il riferimento all’unione dell’uomo e della bestia è un pretesto per esporre concetti di purezza dell’animale e di corruzione dell’uomo(non a caso il mostro ha solo la bocca, che usa per nutrirsi e mangiare). Il rimando dunque è alla figura umana, non solo a livello fisico, ma anche a livello ideologico, con l’essere rappresentante una creatura perfetta, una sorta di prototipo ideale dell’essere umano.

Ancora non capisci con che cosa hai a che fare, vero? Un perfetto organismo. La sua perfezione strutturale è pari solo alla sua ostilità.[…]Ammiro la sua purezza. Un superstite.. Non offuscato da coscienza, rimorsi, o illusioni di moralità.

Altra analogia visiva tra i due prodotti è il chiaro rimando a forme falliche, molto più accentuato in Giger, il cui interesse verso la sessualità si ripercuote insistentemente in più scene del film, esprimendo chiari concetti quali il parto, lo stupro e una chiara critica al capitalismo(gli esseri umani sono delle incubatrici per i mostri, e vengono “gettati via” non appena il loro compito è concluso) che emergono attraverso situazioni atte ad esprimere la primigenia paura e l’orrore, nonché la sofferenza, del gruppo di astronauti consci della presenza del mostro nella navicella.

Sul piano visivo, Alien rispecchia benissimo le intuizioni visive e concettuali di Bacon, il cui interesse per le emozioni pure e primordiali era in primo piano. Come in “Head I” e “Head II“, e allo stesso modo in “Tre Studi per figure alla base di una Crocifissione“, la “voce” dei soggetti rappresentati è stridula, piena di dolore, un dolore così forte da uscire letteralmente dall’opera e da entrare nella testa di chi guarda. I soggetti non hanno occhi, non hanno tratti distintivi dell’uomo se non per le orecchie e la bocca, principale elemento dell’urlo, dell’espressione del dolore, recepito appunto dalle orecchie. Così facendo, e ponendo essi su sfondi quasi sempre monocromatici, Bacon “purifica” i suoi personaggi, esprime l’essenza del dolore e della sofferenza. Il dolore viene fuori dalle teste dei personaggi con bocche grandissime, deformate, aperte fino all’inverosimile.
Come l’orrore viene fuori dai soggetti di Bacon, allo stesso modo la rappresentazione della paura inconscia dell’uomo e del lento sfacelo psichico viene fuori dal corpo di uno degli astronauti, in seguito ad un vero e proprio “stupro” e ad una penetrazione dall’interno verso l’esterno(Le forme falliche degli esseri sono essenziali per cogliere questa particolare sfumatura del film) della creatura formatasi nel suo ventre.

L’intento di Bacon coincide dunque con quello di Scott se si scava a fondo nell’essenza di quello che è un film diventato cult non solo per i suoi effetti speciali innovativi, che messo a paragone con i lavori di un artista che molto più di altri suoi contemporanei ha saputo esprimere quelle sensazioni negative presenti in ogni uomo e che vengono fuori in diverse situazioni, reali o metaforiche, come la Seconda Guerra Mondiale o la minaccia di un predatore il cui unico scopo è quello di riprodursi e nutrirsi, ottiene una valenza decisamente più artistica non nel solo senso visivo del termine.

Ho sempre aspirato a esprimermi nel modo più diretto e più crudo possibile, e forse, se una cosa viene trasmessa direttamente, la gente la trova orripilante.
Perchè, se dici qualcosa in modo molto diretto a una persona, questa a volte si offende, anche se quello che hai detto è un fatto. Perchè la gente tende a essere offesa dai fatti, o da quella che una volta veniva chiamata verità.

Scott e Giger sono riusciti a cogliere e trasporre in immagini in movimento e in pellicola, sensazioni che attraverso le mani di Francis Bacon erano diventate urla di dolore e di strazio. Era questo che cercavano, e non potevano non ispirarsi a chi l’aveva già trovato.
Allego qui un estratto da un’intervista a Ridley Scott, di cui purtroppo non ho potuto trovare il testo originale, quindi lo tradurrò personalmente chiedendo anticipatamente scusa per eventuali errori.

I think finally, when you want to be really scared, you’ve got to have a very private thought. You’ve got to think about what it is that physically makes you very uneasy, that upsets you in a primal way. And I’m not very easily upset.. But we looked at various painters’ works, and the one that caught us was by Francis Bacon, the three fleshy necks with the jaws on the end. The primality, if there is such a word, was what interested me.

Credo che alla fine, quando si vuole avere veramente paura, bisogna fare in modo di avere un pensiero molto privato. Devi avere modo di pensare a che cosa è che ti rende fisicamente molto a disagio, che ti sconvolge in modo primordiale. E non sono molto facilmente suscettibile.. Ma abbiamo guardato lavori di vari pittori, e quello che ha attirato la nostra attenzione era di Francis Bacon, i tre colli carnosi con le fauci alla fine. La primordialità, se esiste una parola simile, era quello che mi interessava. 

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