Sento già il rumore dei passi di chi si allontana da questo articolo e di chi non si accinge neanche ad avvicinarsi. Perché si sa, l’horror fa questo effetto.
Inizio allegando il link in cui ho, seppur brevemente, parlato della “svalutazione” dell’horror: LINK
Per chi invece si è fermato, e per chi si è avvicinato, mi urge mettere in chiaro che le mie considerazioni sul film saranno estremamente limitate in quanto accennare anche solo a qualche dettaglio inerente alla trama rovinerebbe l’atmosfera e indebolirebbe quella che è la spinta emotiva che il film produce mentre lo si guarda.
SCHEDA FILM
- TITOLO: Martyrs
- DATA DI USCITA: 2008
- REGIA: Pascal Laugier
- SCENEGGIATURA: Pascal Laugier
Martyrs è un film per tutti, ma è un film per nessuno. Trascende il genere horror(e soprattutto mi preme sottolineare che non fa assolutamente parte del filone del torture porn), eppure è un film insostenibile.
Martyrs è un film che ti prende a pugni nello stomaco ma ti fa male al cervello.
Martyrs non chiede nessun permesso allo spettatore, non cerca uno scambio, non vuole instaurare un discorso.
Martyrs è tante, tantissime cose.
Martyrs è filosofia, bioetica, religione, fanatismo, dolore, senso di colpa.
La struttura narrativa del film è tra le più destabilizzanti che io abbia mai visto. La pellicola è piena di colpi di scena che ribaltano le sorti e la direzione del film in maniera incredibilmente netta, e lo fa senza preamboli, senza scene intermedie. Abituarsi al film è impossibile anche dopo più di una visione. Ciò che vediamo inizia come un semplice revenge movie per poi diventare altro, poi altro ancora.
E sulla base di questi cambi repentini di registro che Martyrs fonda parte della sua potenza, visiva quanto psicologica.
Perché se gli horror hanno un punto debole, è proprio quello di abbandonarsi troppo spesso a violenza gratuita, a scene disgustose atte a sconvolgere lo stomaco dello spettatore, più che la sua mente; Martyrs non è nulla di tutto ciò.
La regia passa da una camera a mano incredibilmente chiara a delle inquadrature fisse e lenti piani sequenza che seguono l’andamento ritmico del film, sempre sostenuto, fatta eccezione per i momenti in cui si svolta, dove il montaggio prende il sopravvento e diventa estremamente serrato, seppur mai confuso e incomprensibile. Ad accompagnare l’uso smisurato di primi piani, di riprese in spazi interni che non lasciano scampo all’occhio dello spettatore, vi è una resa fotografica cupa e contrastata. Cattiva, potente.
Il comparto sonoro è, insieme alle due attrici principali, grande protagonista del film, con marcati volumi che esaltano colpi, tagli, respiri affannosi, pianti, urla, e una colonna sonora che tocca dei picchi drammatici davvero forti(consiglio vivamente di ascoltare My Neighborhood, dei Goldmund, dolcissima eppure tremendamente triste).
Attraverso il comparto audio, Martyrs non vuole che lo spettatore si senta disgustato, terrorizzato. Vuole che non si stacchi dallo schermo, vuole che rifletta su quello che l’uomo e in particolare la schifosa aristocrazia può fare quando il fanatismo e l’estremismo scientifico vengono fuori, giustificati da stupidi discorsi sull’evoluzione della razza umana, attraverso pratiche che il nostro cervello a fatica riesce a metabolizzare.
Eppure il film fa metabolizzare tutto ciò a chi guarda. Purtroppo(e per fortuna) Martyrs è eccezionalmente realistico. I tagli sono tagli, i pugni sono pugni, il dolore è dolore; nulla di tutto ciò è mediato da banali trucchetti cinematografici che non risultano in genere mai credibili anche per gli spettatori meno attenti.
Il realismo della pellicola ci spinge ancor di più a riflettere su quello che vediamo, su quello che la mente umana può partorire per soddisfare una delle più grandi curiosità della nostra specie.
Martyrs è un film cattivo. Moltissimo. Di una cattiveria troppo poco cinematografica. Una discesa negli abissi della perfidia e della convinzione umana, velata da apparenti nobili propositi il cui unico spiraglio di luce risulta essere il pulsante per mettere in pausa/in play il film, unico bordo a cui aggrapparci per ripeterci incessantemente che quello che stiamo guardando è solo un film.
La perizia visiva e la cura per il trucco degli attori non fa altro che portare alla nostra mente scene che neanche avremmo avuto modo di elaborare. Situazioni che la nostra mente si rifiuta addirittura di plasmare.
Riflessioni che cambiano il modo di vedere l’essere umano, nelle sue più orrende sfaccettature. Sfaccettature nascoste da motivazioni che sembra davvero incredibile poter considerare “razionali”, per quanto siano di natura scientifica.
In conclusione, guardare Martyrs non è per niente facile. E’ un’esperienza che rimane impressa, che si pianta nella mente e non va più via. E’ l’apologia del martirio, la filosofia dell’horror, l’estremizzazione della ricerca umana della verità. Martyrs è un capolavoro.
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