Approcciarsi a questo film può essere un po’ complicato con chi non ha mai avuto a che fare con importanti elementi delle storie del terrore dei nipponici, e in generale con il loro modo di vedere le cose. Mostri, anime in pena tornate dall’oltretomba per vendicarsi e spettri di vario genere si sostituiscono alle figure di bambine possedute da Satana tipiche dell’horror occidentale cristiano. A questo si aggiungono le diverse ambientazioni, il diverso utilizzo della luce, del sonoro, delle soluzioni registiche per costruire la tensione.
SCHEDA FILM
- TITOLO: Kuroneko
- DATA DI USCITA: 1968
- REGIA: Kaneto Shindō
- SCENEGGIATURA: Kaneto Shindō
- TRAMA:
In una casa di campagna, vivono una donna e sua nuora. Una notte vengono derubate, violentate ed uccise da un gruppo di samurai senza legge e l’abitazione incendiata. Le due donne tornano in vita per vendicarsi dei torti subiti, seducendo ed uccidendo tutti i soldati che vagano per quelle terre. Il governatore Raiko, allo scopo di indagare su questi strani avvenimenti, invia Gintoki, un valoroso samurai, il quale, scovate le due assassine, trova ad attenderlo un’amarissima sorpresa: le due donne sono gli spettri di sua madre e sua moglie.
Cosa funziona in Kuroneko? Tutto.
Se proprio volessimo trovare lui un difetto diremmo che la trama è semplice e l’evoluzione della narrazione procede con dei patterns ripetuti più e più volte.
Ma è questo davvero un difetto? In realtà no, e il motivo è da cercare nelle prime righe di questo mio articolo:
Approcciarsi a questo film può essere un po’ complicato con chi non ha mai avuto a che fare con importanti elementi delle storie del terrore dei nipponici, e in generale con il loro modo di vedere le cose.
I Giapponesi hanno molto a cuore le proprie tradizioni, la meccanicità di alcuni gesti come la cerimonia del tè per esempio. Allo stesso modo gli omicidi di questo film si svolgono alla stessa maniera, in mondo circolare, seguendo particolari schemi.
Alla luce di queste considerazioni, i patterns del film assumono una funzione particolare, ovvero quella di rafforzare tutti i concetti espressi nel film, dal riscatto sociale da parte del sesso femminile, al concetto di karma.

Il taglio del film è chiaramente espressionista, con un bianco e nero molto contrastato che da un’impostazione teatrale alla scena, con dissolvenze che “inseriscono” letteralmente gli alberi di bambù all’interno della casa delle due donne, creando un fitto bosco interno che diventa una sorta di gabbia fisica e mentale per le vittime dei due spiriti.
La regia è calibrata, elegante, molto ricercata nei suoi movimenti e nella scelta compositiva dell’immagine da parte del regista, che non manca mai inquadrare con estrema cura pittorica le scene della pellicola. Qualche movimento un po’ brusco farà storcere il naso, ma sono momenti che non si contano neanche sulle dita di una mano.
E’ grazie alla regia che viene costruita la tensione, giocando con ombre e luci, entrate ed uscite di scena dei personaggi, in luoghi sempre chiusi ed angusti, tra pareti senza finestre e foreste di bambù da comprimere letteralmente la cassa toracica dello spettatore.
Il film non manca di trattare importanti temi contrastanti con la società tradizionalista giapponese.
Non è un caso il fatto che i due personaggi principali siano donne, che attraverso la loro vendetta, “ripagano” i samurai per lo stupro e l’uccisione subita. La critica volge automaticamente alla guerra che porta rovina anche ai piccoli paesini non coinvolti, e ai samurai, figure simbolo della sicurezza, che diventano dei briganti saccheggiatori e assassini. Figure di rinomata compostezza, che dopo qualche sorso di sakè danno sfogo alle loro peggiori pulsioni sessuali, abbandonando quel rigore ed onore che dovrebbe permeare degli uomini il cui compito è quello di proteggere e difendere gli uomini e le donne sotto il protettorato del governatore.
In conclusione Kuroneko è un film horror di particolare eleganza e armonia, che non punta su inutili jumpscares, rumori eccessivi e mostri deformi, ma su un’ambientazione al limite tra il reale e il fantastico, dei personaggi estremamente inquietanti e una regia posata, lenta, tesa. Da non perdere.
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