-
- TITOLO: Il Signore degli Anelli (The Lord of the Rings)
- DATA DI USCITA: 1978
- REGIA: Ralph Bakshi
- SCENEGGIATURA: Chris Conkling, Peter S. Beagle
- TRAMA:
Dai, su, gente, la trama del Signore degli Anelli… Dai…
Partiamo dal presupposto che questa recensione tratterà un film che in origine avrebbe dovuto avere un seguito – non finanziato dalla produzione – e di conseguenza sarà limitata nel giudizio complessivo dell’opera dalla mancanza di metà dell’effettiva storia raccontata(il film si interrompe subito dopo la battaglia al fosso di Helm).
Sconsiglio davvero vivamente di guardare il film doppiato in italiano, in quanto moltissimi nomi sono pronunciati/tradotti male, i dialoghi modificati e nel complesso la pellicola risente davvero tanto negativamente dell’adattamento italiano.
Ralph Bakshi mette in scena un film che esprime completamente l’inadeguatezza di un artista che si trova, nel 1978, ad avere a che fare con il romanzo di Tolkien. L’inadeguatezza nel confrontarsi con qualcosa che è decisamente più grande di un film d’animazione gestito con una messa in scena e una sceneggiatura che tentano disperatamente di poter dare allo spettatore quanto più possibile l’idea di quello che l’opera tolkeniana è.
Partiamo dunque dalla tecnica del rotoscoping, che consiste sostanzialmente nel filmare degli attori reali e di “stilizzarli” in modo tale da farli apparire come dei disegni, molto più realistici però. Questa tecnica è ampiamente utilizzata dal regista durante il film, specialmente in casi in cui la scena richiede la presenza di più personaggi sullo schermo, che vengono implementati da disegni effettivi, in modo tale da restituire una sensazione di maggior presenza di personaggi sullo schermo, nonché da dare a tutta la pellicola un’atmosfera a tratti molto cupa e terrificante(si vedano per esempio i costumi dei Nazgûl). Questa tecnica però comporta delle grosse difficoltà in quanto, essendo molto differente dall’effettiva scena disegnata su carta, porta l’autore a doversi confrontare con l’enorme differenza visiva che c’è tra ciò che è disegnato e ciò che non lo è. Problema per niente superato da Bakshi, che quasi sempre(alcuni momenti sono invece molto belli a livello visivo) nel corso del film non riesce per niente a creare un ambiente minimamente armonioso, facendo sentire davvero molto – purtroppo – il distacco tra i disegni e gli attori reali, situazione che dopo qualche minuto inizia ad essere veramente fastidiosa per l’occhio e per la concentrazione di chi guarda, in quanto ci si trova davanti ad una resa visiva che distrugge la prospettiva, il chiaroscuro, le linee, gli sfondi, confondendoli, banalizzandoli e storpiandoli. L’utilizzo di questa tecnica dunque è il problema più grosso per quanto riguarda la messa in scena, in quanto intacca davvero tanto la visione del film.
I problemi non sono solo di carattere visivo, ovviamente. Il film tenta di raccontare una storia troppo ampia da poter “ingabbiare” in così poco tempo (poco più di 2 ore), e, facendolo anche parecchio male, “costringe” il film stesso ad adottare delle soluzioni di montaggio che portano a cambi repentini di scene e situazioni senza alcun nesso temporale intermedio che possa in qualche modo far orientare lo spettatore.
“Non abbiamo capito, il film lo guardiamo o no?”
Rispondi