Il delitto perfetto: esiste solo nei romanzi?

SCHEDA FILM
    • TITOLO: Il delitto perfetto (Dial M for Murder)
    • DATA DI USCITA: 1954
    • REGIA: Alfred Hitchcock
    • SCENEGGIATURA: Frederick Knott
    • TRAMA: 

Tony progetta – assoldando col ricatto un sicario – di uccidere per interposta persona la moglie ricca perché teme che voglia divorziare, diseredandolo. 

Il delitto perfetto si pone come “fratello” di Nodo alla gola: entrambe le storie si svolgono in una sola stanza, “in tempo reale”, quasi come se fossero state filmate direttamente a teatro: elemento assolutamente da considerare e tenere bene in mente, in quanto si tratta di un’impostazione atta a costruire un racconto che fa della suspense il suo punto di forza.

In pieno stile hitchcockiano tutto ciò che c’è da sapere riguardo l’assassinio viene “detto” allo spettatore nella prima parte del film attraverso il dialogo tra Tony e il sicario concernente il piano escogitato dal protagonista per uccidere sua moglie senza destare alcun sospetto. Già da subito entra quindi in gioco il tema fondamentale del film: il delitto perfetto (proprio come in Nodo alla Gola). Il personaggio interpretato da Ray Milland lo espone nei minimi dettagli, all’assassino quanto allo spettatore (lo fa anche sul piano “pratico”: la macchina da presa viene posta dal regista in un angolo alto della stanza in modo tale da dare una panoramica del salotto e da rendere chiaro lo svolgimento delle azioni descritto da Tony), scoprendo completamente le carte e spostando l’intera attenzione del film non sulla scoperta di dettagli ad opera degli ispettori ma sul processo di ricomposizione di ogni elemento del delitto già a conoscenza del pubblico.

Si sa: il delitto perfetto non esiste. È Hitchcock stesso a mettere in bocca questa frase al terzo protagonista del film, interpretato da Robert Cummings, amante del personaggio interpretato da Grace Kelly e scrittore di gialli, consapevole che la vita non è un romanzo e che la perfezione può essere raggiunta solo quando il pieno controllo di tutte le ipotetiche variabili è in mano all’autore, cosa ovviamente impossibile nella realtà.
Una serie di variabili è dunque ciò che stravolge il piano di Tony, portando ad esiti diversi e costringendolo ad adattarsi volta per volta al nuovo cambio di rotta degli eventi.

Ricapitolando, il film è impostato nella seguente maniera:

  • Esposizione del delitto perfetto e preparazione dell’assassinio di Margot(Grace Kelly).
  • Contrattempo che fa crollare l’intera struttura architettata da Tony(Ray Milland)
  • Stravolgimento di ogni “step” del piano che porta Tony a “rattopparlo” di volta in volta.
  • Tentativo di arrivare alla soluzione da parte dell’ispettore il quale costantemente ha a che fare con cambi di programma in contemporanea alle ricerche.
Posto questo piccolo schema è intuibile facilmente cos’è che crea la suspense durante il film: lo spettatore sa già da subito come dovrebbe andare l’assassinio di Margot ma subito dopo il primo contrattempo le sue stesse convinzioni sono distrutte per lasciar posto ad una sequela di eventi che, nel tentativo di rimanere in linea con il piano iniziale, si diramano in direzioni diverse, opposte addirittura a quelle auspicate, confondendo il fruitore/ispettore sempre di più davanti all’accavallarsi di indizi che vengono fuori minuto dopo minuto, i quali svelano e che subito dopo, alla luce di altre prove, mascherano.
Ritornare quindi al primo paragrafo di questa recensione è d’uopo: le unità aristoteliche tipiche del teatro sono essenziali al fine di rendere realmente tesa la situazione: il suo svilupparsi in maniera imprevedibile in un tempo “molto breve” accelera la percezione del trascorrere delle ore da parte dello spettatore il quale si trova a dover letteralmente calcolare gli sviluppi della storia parallelamente a tutti gli altri personaggi, in un clima confuso, teso ed estremamente imprevedibile.
Quello di Hitchcock è un cinema degli oggetti, ed il suo interesse registico è ovviamente concentrato sui piccoli dettagli. La macchina da presa si muove agilmente in questo spazio impostato frontalmente (di interesse è infatti solo metà del salotto) in maniera tale da evitare il dialogo in qualunque momento fosse possibile, lasciando la parola alle immagini (nei primi 2 minuti di film, attraverso qualche inquadratura, il regista racconta tutto ciò che serve sapere sui rapporti che intrattengono i 3 personaggi principali del film. Nulla di superfluo, semplicemente ciò che è necessario per lo spettatore e per la storia).
La bellezza della regia di Hitchcock sta proprio nella chiarezza estrema della sua regia e delle sue immagini che non fanno altro che raccontare, raccontare, raccontare. Non c’è una sola inquadratura sprecata o fine a se stessa in questo film. Il suo virtuosismo è assolutamente asservito alla narrazione, resa realmente efficace da una capacità compositiva e di montaggio fuori dal comune. D’altronde stiamo parlando del maestro Alfred Hitchcock.
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