It comes at night: home-invasion… Oppure no.

SCHEDA FILM

  • TITOLO: It comes at night
  • DATA DI USCITA: 2017
  • REGIA: Trey Edward Shults
  • SCENEGGIATURA: Trey Edward Shults
  • DURATA: 91
  • TRAMA: 

Un uomo e la sua famiglia vivono chiusi nella loro abitazione a causa di un’epidemia mortale. Attraverso “regole” ben precise riesce a tenere le redini delle loro vite; tutto cambia quando uno sconosciuto irrompe in casa.

Una strana rivelazione questa pellicola, invero. Particolare per la sua struttura, molto vicina a quella di The VVitch (frase che può essere facilmente letta in ogni angolo di internet la quale però è – con le dovute precisazioni – calzante) e in linea con un’idea di horror che potrebbe definirsi “minimalista”.

Non nego di apprezzare particolarmente questa tipologia di film dell’orrore: quieti, silenziosi, lenti e inesorabili.


“Strana rivelazione” in quanto le premesse poste dal film vengono sviluppate in maniera particolare, senza trasformare la solita storiella (perché di questo si parla) nel solito film home-invasion.

Partendo dall’opera di Bruegel vengono poste le basi di un film che vuole mettere in chiaro le molteplici circostanze che portano l’uomo all’annullamento, e proprio grazie a questa pittorica introduzione la pellicola diventa specchio di una situazione estremamente precaria, in procinto di esplodere da un momento all’altro.
Proprio la tensione è l’elemento principale di questo It comes at night: niente sangue, esplosioni di suoni (se non in qualche raro caso molto ben assestato) o strategie varie atte a far semplicemente spaventare lo spettatore senza che egli senta veramente quella tipica pressione data da ogni horror ben costruito.
La regia è ovviamente dedicata alla composizione e non al movimento, sebbene il regista dimostri di gestire bene anche sequenze in camera a mano e lente carrellate molto suggestive; tutto è ovviamente improntato alla compressione, al non-detto (non si sa nulla dell’epidemia, del passato dei personaggi, del loro rapporto prima di tutto ciò), in un gioco di sguardi e gesti che lasciano molto spazio all’immaginazione dello spettatore e conferiscono al film un’aura ambigua e allo stesso tempo interessante.
Con l’arrivo dello sconosciuto un intero castello crollerà e la famiglia protagonista dovrà ricostruire da zero le sue abitudini e il suo modo di gestire la terribile situazione, in bilico tra vita e morte.
Concentrandosi quindi sullo sviluppo dei personaggi il regista fa venire a galla alcune “zone nascoste” di ognuno di loro: mostri addormentati che non fanno altro che erodere lentamente questa famiglia, fino a portare all’annichilimento totale.

Dedico questa parte ad una riflessione sul film che, essendo strettamente personale, trovo giusto inserire alla fine della recensione. L’horror, essendo un genere non-puro per definizione, viene mescolato con altri generi: questo gli consente di trattare una vastità di temi senza dare l’impressione di essere artificioso. It comes at night tocca diversi temi, in particolare quelli relativi alla risposta dell’uomo davanti a condizioni di estrema difficoltà, ma soprattutto relativi ad una concezione politica del mondo legata alla figura del padre, al rapporto con il diverso e al concetto di proprietà privata. Se ciò che ha a che vedere con la perdita di umanità da parte di questi individui (a causa di situazioni che quasi li costringono a comportarsi in un certo modo) è pressoché palese nel film, gli altri argomenti qua sopra citati possono tranquillamente non esserlo per altri spettatori.

Dunque ho preferito non parlare di ciò in maniera “formale” nella recensione in quanto ritengo che ogni fruitore abbia la libertà di “vedere” certe cose nel film (o non “vedere”), le quali non devono per forza essere considerate da me come elemento da tenere in conto per scrivere un’analisi della pellicola.

In conclusione It comes at night è un film confezionato in maniera impeccabile. La sua durata (cosa molto importante a mio avviso) lo rende inoltre piacevole da guardare ed estremamente scorrevole: ciò è dato anche da una buona gestione dei tempi e da un montaggio che tiene bene le redini di una storia che presenta – tra sequenze oniriche, sequenze di stampo gore e sequenze action – un giusto equilibrio di momenti attivi e passivi. Da rivedere più volte per cogliere meglio ogni sua sfaccettatura? Mah, non saprei.
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