Una casa illuminata a metà.


Shadows (2015, 20′) – Scott Barley.


Sottili squarci di luce in una buia casa. Non è notte però: manca qualcuno.

Una casa, che non è più luminosa perché privata di metà della sua luce, proprio come l’anziana signora. Sono delle foto a ricordare la luce degli anni passati, è lei stessa a raccontarlo: una luce che ora non c’è più; da sola non basta ad illuminare l’abitazione.

Il regista chiude lo spazio e traccia i contorni di singoli oggetti, estrapolati dal resto e illuminati da una tenue luce impersonale in contrasto con una inquietante ombra espressionista. La solitudine di una persona anziana è messa in scena con estrema essenzialità cromatico-compositiva: bianco e nero quasi; la macchina da presa non si muove (in un certo senso non c’è altro oltre all’inquadratura, solo buio). La donna non riesce ad alzarsi dalla vasca da bagno, nessuno può sentirla, e lei non ha modo di farsi sentire.

«Andavo a Cardiff alla stazione per incontrarlo […] E correvo verso di lui e lui correva verso di me, mi prendeva e mi dondolava, ed era così meraviglioso.»

Una dimostrazione di grande umanità da parte di Scott Barley il quale, alla fine, “entra in scena” mettendo una mano sulla spalla della donna dopo averla salvata (il salvataggio avviene fuori campo).

Non vedrà più luminosa come prima la sua casa; solo lievemente, grazie a chi continua a starle vicino. Di notte però, quando è da sola, la sua metà del letto (il regista non inquadra l’altra) torna ad essere buia.

Questo film è basato su eventi realmente accaduti,
nella speranza di accrescere la consapevolezza delle conseguenze
della solitudine tra le persone anziane.

Nonostante questo film sia basato su questi eventi reali,
alcuni dettagli sono stati composti o inventati,
allo scopo di aiutarci nella nostra ricerca di
autenticità umana.

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