«Bene, lo farò da solo».

Avengers: Infinity War (2018, 149′) – Anthony Russo, Joe Russo.


La voglia di scrivere qualcosa su quest’ultima impresa dei fratelli Russo è tanta, principalmente perché nei 149 minuti di Avengers: Infinity War c’è così tanta roba da occupare la mente per giorni interi: una marea di personaggi, un cattivo estremamente ben caratterizzato, molteplici linee narrative, un uso consapevolmente spropositato di effetti speciali e un design sempre più accattivante e sfarzoso. Un solo elemento – tra i tanti – del film sarà trattato in questo articolo, grazie al quale comunque saranno toccati – seppur in maniera più sbrigativa – gli altri (ci sono tante cose di cui parlare, ma nulla da dire, quando ci si approccia ad un prodotto di questo tipo).

Si scrive dunque di Thanos, unico e solo protagonista di questo mastodontico prodotto. Tante sono state le critiche indirizzate verso gli antagonisti dei film Marvel dal 2008 ad oggi: personaggi privi di sfaccettature e di spessore, per niente intimorenti e soprattutto mossi da idee mai realmente comprensibili/condivisibili; semplici pupazzi di gomma pronti ad essere sconfitti dal supereroe di turno (qualche eccezione indubbiamente c’è, pur rimanendo comunque non degna di nota).
A 10 anni di distanza ecco apparire un personaggio malvagio solido, coerente con sé stesso, motivato e soprattutto temibile.


Si noti che un importantissimo ruolo è stato giocato dagli sceneggiatori nella scelta di alcune soluzioni narrative utili a sottolineare costantemente la massiccia influenza dell’operato di Thanos e soprattutto la sua credibilità in quanto antagonista. Ciò che egli fa nel corso nel film ha un reale peso e non si limita ad essere una semplice scaramuccia volta ad introdurre la tipica “battaglia finale”: la sua presenza si sente, e la sua potenza ancor di più.



Ciò che muove questo personaggio ha da una parte una base scientifica (ci sono poche risorse nell’universo in rapporto al numero di esseri viventi che ne possono disporre, ergo dimezzarne la quantità favorirebbe uno sfruttamento di risorse adeguato per tutti), dall’altra una etica (dimezzando la vita nell’universo in maniera assolutamente casuale non vengono a crearsi preferenze di sesso/razza/religione/ceto sociale): dunque la “missione” di Thanos è – dal suo punto di vista – necessaria per portare equilibrio in un universo finito e limitato.

Tali motivazioni (esposte qualche rigo sopra in maniera sommaria) portano ad una legittima empatia con il personaggio, la quale non implica per forza la condivisione di un pensiero, quanto la sua comprensione. La grandezza di questo antagonista risiede quindi nella possibilità, da parte dello spettatore, di riuscire a comprendere le sue motivazioni senza però necessariamente condividerle (identificando quindi Thanos come un essere chiaramente malvagio).

Egli non può essere affiancato ad un personaggio come Hitler, mosso da idee che avevano a che fare con un preciso gruppo di essere umani da sterminare per un fine legato ad una folle idea razziale: la raccolta delle 6 gemme dell’infinito da parte di Thanos è finalizzata al solo scopo di cessare i suoi massacri militari annientando metà universo in maniera casuale: non ci si trova quindi davanti ad un giudice ma ad un “semplice” esecutore di una volontà ancor più alta di lui, alla quale si abbandona senza non poche sofferenze e sacrifici.

Per quanto riguarda l’aspetto scenico invece, la figura del titano è gestita in maniera estremamente equilibrata, tale da giustificare la presenza di scontri – e di un intero film e più – credibili contro una figura fondamentalmente divina (al contrario di un fallimento come Batman v Superman). Egli ha bisogno mentalmente di consapevolezza e lucidità, fisicamente di chiudere il pugno: stordendolo costantemente e impedendogli di muovere la mano sinistra i diversi combattenti riescono a bloccarlo e quasi a strappare lui il guanto dell’infinito.


La scena dello scontro sul pianeta Titano è la mia preferita: i registi sono riusciti a tenere in piedi un combattimento così incredibilmente articolato – nella sua coreografia e nell’implicita difficoltà nel gestire numerosi supereroi con numerose abilità diverse – da aver creato un vero e proprio monumento del cine-fumetto. La macchina da presa riesce a seguire gli scontri aerei, quelli corpo a corpo, quelli a distanza, le diverse velocità dei personaggi e le diverse strategie di combattimento. Questa capacità è riscontrabile in tutto il film, che pochissime volte – soprattutto se rapportate alla durata della pellicola – inciampa in sequenze non particolarmente chiare. I fratelli Russo hanno sostanzialmente dimostrato di saper creare scene di particolare intensità sfruttando uno stile che cerca quanto più possibile di annullare panoramiche e di sfruttare il montaggio quale strumento fondamentale per la resa di un combattimento ben costruito e ritmato.

Thanos è un personaggio sofferente, che è costretto a fare enormi sacrifici pur di portare a termine questo compito; egli considera sé stesso un prescelto, l’unico a poter portare condizioni migliori per le creature dell’Universo. La sua determinazione e consapevolezza sono i punti chiave della costruzione del personaggio: è disposto ad annientare ciò che più ama, ma allo stesso tempo è clemente verso i suoi avversari. Tale clemenza non è data però dal tipico – e piuttosto noioso e banale – atteggiamento da super-cattivo megalomane bramoso di fama e saturo di vanità: il titano risparmia i suoi avversari perché il suo obiettivo non è ucciderli e soprattutto non è decidere chi merita la vita e chi merita la morte. Raggiunto – eventualmente – il suo obiettivo, egli riposerà, ammirando la sua anti-creazione.

Allora Dio nel settimo giorno
portò a termine il lavoro che aveva fatto
e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro.

– Gen 2,2.

È necessario però soffermarsi sulla solidità dell’intero film per poter inserire Thanos in un contesto tale che possa giustificare ed enfatizzare il suo background e le sue azioni. Avengers: Infinity War dimostra di essere la summa di un percorso decennale che ha gradualmente smussato gli angoli e ha fatto tesoro dei numerosissimi feedback ricevuti nel corso degli anni. Ciò, aggiunto alla serialità cinematografica creata dal Marvel Cinematic Universe ha aiutato fortemente all’economia del ritmo del film e ha lasciato enorme spazio agli sceneggiatori per muoversi all’interno dell’intricato mondo di supereroi che si è venuto a creare. In altre parole, quasi tutti i personaggi del film sono conosciuti da tutti, essendo stati introdotti ed esplorati nel corso dei passati 10 anni. Dunque i loro rapporti e gli sviluppi narrativi del film possono esser stati scritti in maniera chiara e coerente senza bisogno di dover ricorrere ai famosi “spiegoni” che avrebbero appesantito il film.

Il personaggio di Thanos diventa quindi un elemento che può essere chiaramente e ampiamente trattato senza la paura di trascurarne altri. È proprio per questo che il gigante viola è il vero protagonista del film ed è il nucleo attorno al quale ogni personaggio ruota e che si ritrova, prima o poi, a fronteggiare.

Alcune linee narrative vengono necessariamente sacrificate (Capitan America e co.) oppure trattate in maniera più isolata (Thor). In ogni caso però un “punto di arrivo” viene raggiunto anche da esse e viene sottolineata la loro importanza al pari di tutte le altre (Iron Man e co. in primis).

In conclusione, l’idea di soffermarsi su Thanos è funzionale soprattutto per porre l’accento sul fatto che un personaggio così carismatico, coerente ed equilibrato è specchio di un film carismatico, coerente ed equilibrato. Thanos è un super-cattivo estremamente riuscito, e lo è grazie al fatto che Avengers: Infinity War è estremamente riuscito, sotto tutti i punti di vista.

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